La famiglia è cambiata negli ultimi decenni

La discriminazione contro le donne è ancora presente?

Le donne nella nostra società dovettero lottare per circa mezzo secolo prima di avere il diritto allo studio, al voto e a entrare almeno in qualche professione.

Nonostante tutto ciò, meno di 30 anni fa, le donne dovevano ancora subire delle discriminazioni umilianti: hanno avuto difficoltà a essere accettate nelle migliori università, a loro non venivano mai offerti i posti più retribuiti in nessuna professione, ricevevono spesso un salario inferiore a quello di un uomo di pari grado, alcune delle nostre leggi sono state chiaramente discriminatorie contro le donne e gli usi e i costumi sociali sono stati anch'essi a favore del maschio. Il movimento femminista ha registrato molte vittorie, ma c'è ancora molto da fare.

Fra le donne che restano a casa e si prendono cura dei loro figli alcune sono fiere e felici di quello che fanno. Altre invece soffrono per la mancanza di prestigio e di rispetto che la nostra società materialistica mostra nei confronti di una occupazione per la quale non si percepisce alcun salario e nella quale non vi sono posizioni di maggiore responsabilità per cui darsi da fare e competere. Molte di queste madri si sentono tagliate fuori durante la giornata, isolate nella propria casa, e soprattutto manca loro lo stimolo e il piacere della compagnia di un adulto. Tutto ciò non accade, per esempio, in società più primitive, dove i nuclei familiari vivono a stretto contatto l'uno dell'altro.

La cosa più orribile, per tutte le donne che hanno il coraggio di guardare in faccia la realtà, è il rendersi conto che sono considerate, da molti uomini e anche da molte donne, un sesso di serie B per quel che riguarda le loro capacità e il loro potere di influire.

La subordinazione della donna si verifica attraverso una serie di piccoli fatti che cominciano già dalla sua infanzia

Alcuni hanno come diretto scopo quello di sminuire la donna, la maggior parte sono solo frasi o atteggiamenti presi senza riflettere, ma che sono frutto di un pregiudizio o di una tradizione ormai radicata.

La gente è disposta a mostrare ammirazione davanti alle qualità dei maschietti e davanti, invece, alla bellezza delle femminucce. Gli abiti per le ragazzine sono fatti in tal modo da far esclamare a un adulto: « Come sei graziosa! » il che è un complimento, senza dubbio, ma dà l'impressione a una ragazzina di essere apprezzata principalmente per il suo aspetto fisico, più che per le sue doti intellettuali.

I libri per bambini ci offrono sempre immagini di maschietti che stanno costruendo qualche cosa o che si lanciano in avventure, mentre le bambine o guardano quello che fanno i maschietti o giocano invariabilmente con le bambole. Di solito si raccomanda alle bambine di non arrampicarsi sugli alberi o sul tetto del garage perché non sono forti abbastanza e rischierebbero di farsi male. Ai maschietti si regalano macchine in miniatura, il meccano, attrezzature per lo sport oppure borse del dottore in miniatura. Alle bambine si regalano, in genere, delle bambole, dei completi di cucito o per diventare infermiera oppure oggetti per agghindarsi. Non c'è niente di sbagliato, di per sé, in nessuno di questi oggetti o regali, soprattutto se il bambino o la bambina li richiedono specificatamente. Il guaio proviene dal fatto che spesso è l'adulto a imporre queste distinzioni, che hanno come implicazione il fatto che le donne sono atte a fare solo un numero ristretto di cose.

Ai maschietti, in genere, vengono affidati incarichi da svolgere nel garage o in giardino, mentre alle bambine solo in casa. Naturalmente il lavoro casalingo è importante per il benessere di tutta la famiglia, così dovrebbe essere rispettato; se invece è svolto solo da donne, in una società che attribuisce così grande importanza al ruolo del maschio, è evidente che sarà considerato un lavoro inferiore non solo dagli uomini, ma anche dalle donne stesse. Molti ragazzi, per un loro particolare senso di inferiorità, prendono in giro le ragazze perché non sono capaci di correre velocemente o di tirare bene la palla e, per questo, non possono far parte del loro gruppo sportivo.

Molte ragazze si convincono fin dall'adolescenza che sono inferiori all'uomo in alcuni campi, come il ragionamento astratto, le capacità esecutive o il controllo delle emozioni.

Accettando queste idee di per sé sbagliate, le donne distruggono la fiducia in se stesse e danno così sostegno e fiato alle teorie degli uomini, che asseriscono che l'inferiorità delle donne in certi campi è semplicemente innata.

C'è bisogno di una liberazione dell'uomo oltre che di quella della donna

Delle donne sensibili e intelligenti, cercando di affrancare loro stesse, si sono accorte che anche gli uomini sono vittime di alcune idee sbagliate sul sesso e di una certa tendenza a accettare dei cliché « sessisti ». Si insegna ai maschietti, per esempio, che non debbono mostrare i loro sentimenti quando sono o tristi o spaventati o offesi. Nella misura in cui accettano questo modo di pensare, essi perdono parte della loro sensibilità per i sentimenti più svariati, sia i loro propri sia quelli degli altri, persino per sentimenti positivi come la gioia e la tenerezza. Dal punto di vista delle emozioni, diventano quindi più limitati nella gamma dei sentimenti che possono provare. Saranno meno comprensivi come mariti, come padri, come amici o come impiegati che debbono lavorare a contatto con il pubblico, insomma gente difficile da viverci insieme o con cui avere a che fare.

I maschietti imparano presto che, nella nostra società, gli uomini debbono essere duri, coraggiosi, aggressivi, competitivi e vincitori. Essi devono abbracciare professioni che sono tipiche per un uomo, e molti di loro, che riescono a adattarsi facilmente a questo tipo di schema precostituito, ne avranno la personalità soffocata. Saranno, esitanti nell'allargare i loro interessi al di fuori di quello che è ritenuto « ciò che si deve fare » sia nel loro campo di interessi sul lavoro sia nelle loro amicizie.

Ai ragazzi e agli uomini che non si divertono particolarmente a essere competitivi o duri, viene data l'impressione che sono esseri inferiori o addirittura « strani ». Questo può indebolire la loro efficienza sul lavoro, sia che questo sia un lavoro di tipo tradizionale oppure no, e li farà sentire meno completi e soddisfatti.

Quando degli individui si sentono praticamente obbligati a uniformarsi a uno stereotipo maschile o femminile, diventano tutti più o meno paralizzati a seconda della misura in cui ciascuno deve rinnegare o sopprimere le proprie tendenze naturali. Per colpa di questo, la nostra società si priva di molti fattori che potrebbero essere validi e, come risultato, ogni uomo o donna ha l'impressione di non sentirsi all'altezza, se non aderisce perfettamente al prefissato ideale maschile o femminile.

Che cosa è il lavoro?

Il fatto di essersi resi conto, così da parte delle donne come da parte degli uomini, che entrambi i sessi avevano bisogno di liberarsi dalle vecchie e arbitrarie restrizioni, ha rimesso in questione non solamente i diritti delle donne, ma anche il ruolo dell'uomo in casa, i rapporti fondamentali fra i due sessi, il significato di un lavoro svolto fuori casa e, importantissimo, come curarsi dei bambini e allevarli. Un altro problema, è di vedere come è possibile crescere dei bambini senza idee preconcette o pregiudizi circa le possibilità e i ruoli che entrambi i sessi possono svolgere. Queste svariate domande possono essere analizzate e si può trovarne la risposta una per una.

Prima di cominciare a discutere come le famiglie debbono tentare di risolvere questi problemi, è necessario riflettere su quanto complessa, artificiale e frustrante sia la nostra società di tipo industrializzato rispetto a società più primitive.

In società più primitive, non industrializzate (la specie umana era destinata dalla legge dell'evoluzione a evolversi in questo modo), tutti gli adulti e i bambini più grandicelli lavorano direttamente nella comunità, nei campi o andando a pesca per procacciarsi cibo o tessendo, cucinando o facendo vasi e terraglie varie. Il lavoro è fatto in « équipe », tutti collaborano e tutti si conoscono; gruppi familiari

enormi, che magari includono tre generazioni, nonni, zie, zii e cugini lavorano tutti insieme oppure si forma un grande gruppo che include addirittura tutta la comunità. Lo scopo del lavoro è quello di essere utile ai bisogni della comunità, non quello di far soldi o di diventare più importante degli altri.

I bambini sono sempre vicini ai genitori, ma l'attenzione loro dedicata è secondaria rispetto alle altre attività lavorative. La madre potrà portare il neonato con sé sulle spalle mentre lavora oppure potrà affidarlo alla sorellina più grande. I genitori, le zie e gli zii fungono anch'essi da insegnanti e i bambini cominciano a assistere gli adulti nel loro lavoro fin dalla più tenera età.

Nelle società industrializzate come la nostra, invece, le esigenze della produzione hanno reso drasticamente artificiali e frammentarie le nostre vite, sia in casa sia sul lavoro. Molti padri e madri lavorano in posti distanti decine di chilometri e il loro lavoro è spesso noioso, ripetitivo, impersonale e non comporta nessuna soddisfazione. La soddisfazione deve dunque venire o dal denaro guadagnato o dalla posizione raggiunta in carriera. Queste sono ormai diventate delle verità da così lungo tempo, che siamo tutti convinti che queste sono le vere gioie della vita. In realtà, si tratta di poveri e inadeguati sostituti della gioia di creare qualche cosa di utile e di bello, come succede agli artigiani. Mettere l'accento sul denaro e sulla posizione, tende a far nascere rivalità tra i lavoratori, tra i vicini e, a volte, anche tra moglie e marito che lavorino entrambi, prendendo il posto del calore che promana dal lavoro fatto in spirito di cooperazione a beneficio della famiglia o della comunità.

La monotonia di certi lavori e la concorrenza degli altri sono motivo di tensione per i genitori che lavorano fuori di casa. Le coppie che sono disposte a trasferirsi pur di ottenere il lavoro, lo stipendio o la promozione desiderati, debbono rinunciare all'amore e alla sicurezza di una grande famiglia. Esse vivono di solito isolate dalla comunità senza contatti stretti con i vicini. Sono obbligate a trasferirsi così di frequente, a causa del loro lavoro, che non hanno tempo di mettere le radici in nessuna comunità da cui trarre sostegno. L'isolamento e la mobilità sono motivo di particolare tensione per il genitore che resta a casa e per i bambini.

Nella nostra società può sembrare che il miglior modo, per le donne, di ottenere soddisfazioni, stia nel riconoscimento da parte della collettività del loro diritto all'uguaglianza con gli uomini sul lavoro, in termini sia di stipendio sia di prestigio. Certamente le donne debbono avere questa uguaglianza di trattamento. Si spera che gli uomini e le donne considerino anche un'altra alternativa per il loro futuro: la liberazione di entrambi i sessi grazie a un'esistenza più completa e rilassata, in cui molta minore importanza sia data al lavoro esterno e molta maggiore alle attività della famiglia e della comunità in cui si vive.

Dei giovani pieni di ideali hanno indicato la via da seguire. Si sono domandati perché si doveva dare tanta importanza all'individualismo e alla competitività. Hanno proposto un tipo di lavoro cooperativo, da svolgersi in un'atmosfera non tesa, ma di mutuo affetto e aiuto. Si sono ancora chiesti: « Perché tutta questa importanza al guadagnare sempre più denaro per comperare sempre più cose? Perché non tentare di vivere in modo più semplice e felice? » L'esaurirsi delle risorse naturali, l'inquinamento atmosferico e la crisi energetica ci spingeranno comunque verso un tipo di vita più semplice.

I giovani hanno tentato in vari modi di soddisfare questi loro ideali. Parecchi di loro non si sono impiegati nelle grandi industrie a causa della monotonia del lavoro a livelli non elevati, per la competitività a livelli più elevati, per i continui spostamenti e per la impersonalità dominante a tutti i livelli della carriera. Si sono invece indirizzati in grande numero verso professioni più umanitarie quali l'insegnamento, la medicina, il diventare infermieri o infermiere, assistenti sociali, avvocati in difesa della povera gente. Altri hanno voluto diventare artigiani.

Una minoranza ha creato delle comuni o dei collettivi organizzati attorno a uno scopo principale quale, per esempio, una cooperativa di compravendita di cibi, un asilo per i bambini, una clinica medica o di assistenza, una fattoria, una casa editrice. Per quanto era in loro potere hanno cercato di evitare di specializzarsi e di formare delle gerarchie; si scambiano gli incarichi e le incombenze così che ognuno ha la possibilità di fare talora i lavori meno interessanti e talora i lavori più interessanti e creativi.

Mentre aspettiamo e ci impegniamo per il raggiungimento di una società più umana, si spera che vi saranno sempre uomini e donne che considerino la cura dei figli e della famiglia come altrettanto importante e soddisfacente che ogni altra attività. Spero anche che non vi siano uomini o donne che sentano il bisogno di giustificarsi e di scusarsi per aver fatto di ciò lo scopo principale della loro vita.

Il lavoro fuori casa può valorizzare e aiutare i genitori

Vi sono delle donne e degli uomini i quali dichiarano molto francamente che, sebbene desiderino avere dei bambini, diventerebbero tuttavia irritabili e tesi se dovessero stare a casa tutto il giorno, praticamente prigionieri dei loro figli per molte ore. Si rendono conto che possono essere dei genitori migliori, se hanno la possibilità di stare lontani dai loro figli una buona parte della giornata. Hanno ragione quando sostengono che non è bene per i bambini essere accuditi da adulti che sono sempre nervosi e poco pazienti con loro.

Dei genitori che si rendono conto di aver bisogno di perseguire la loro carriera o una specie di lavoro che dia loro delle soddisfazioni non dovrebbero rinunciarvi solo per i loro figli, perché i loro figli non ricaverebbero alcun beneficio da un simile sacrificio. Io penso, invece, che questi genitori dovrebbero cercare un compromesso fra le esigenze del loro lavoro e quelle dei loro figli; di solito possono fare questo con l'aiuto di persone di servizio, specialmente durante i primi tre anni di vita del bambino o della bambina, anni che sono cruciali per lo sviluppo dei figli.

Spesso, però, l'irritazione nei confronti dei bambini non è derivata dalle frustrazioni di una carriera mancata. Genitori tesi e nervosi possono cercare di attenuare questo loro nervosismo, di solito una conseguenza di tensioni che si trascinano fin dall'infanzia, consultandosi con un assistente sociale o con uno psichiatra.

Entrambi i genitori hanno diritto a perseguire la loro carriera

Entrambi i genitori hanno ugual diritto a perseguire la loro carriera, se lo desiderano. E, naturalmente, hanno uguali obblighi nell'educazione e nell'accudire i loro bimbi, sia che abbiano o no l'aiuto di un estraneo. Se invece desiderano affidare la cura e l'educazione dei loro figli completamente a un estraneo, per loro sarebbe stato meglio non avere figli per niente.

Siccome molte coppie ora desiderano limitare il numero della loro prole a due e non di più, e in genere hanno figli prima dei trent'anni, molte donne che erano perfettamente soddisfatte, quando erano giovani, di prendersi cura dei loro figli e basta, diventano sempre più nervose e insoddisfatte man mano che i loro figli diventano sempre più indipendenti. A quel punto è molto più difficile per molte persone iniziare una carriera che sia interessante e possa dare delle soddisfazioni.

Studiare, farsi delle esperienze nel campo del lavoro sarebbe stato più facile da giovani e ci si sarebbe potuti tenere in esercizio nel frattempo con un lavoro ad orario ridotto.

Ci sono forse dei gravi problemi da superare quando entrambi i genitori hanno delle professioni piuttosto importanti e che richiedono un lavoro gravoso. Se un lavoro particolarmente interessante venga offerto a uno dei coniugi e questo lavoro comporti lo spostamento in un'altra città, mentre invece l'altro coniuge è perfettamente soddisfatto con il lavoro che ha presentemente e non intende spostarsi. Chi deve sacrificarsi? Chi deve cedere? Se i due coniugi hanno lo stesso tipo di professione e uno di essi è più brillante dell'altro, quali conseguenze ha questo fatto sul loro matrimonio?

Come in questi casi è possibile prendersi cura del bambino o della bambina? Se il padre e la madre hanno uguali responsabilità nell'educare e nell'accudire i loro figli, entrambi debbono dedicarvi lo stesso numero di ore? Tutto ciò dipenderà da una serie di considerazioni e di problemi, per esempio la situazione finanziaria della famiglia, l'elasticità dell'orario d'ufficio che ciascuno dei genitori ha, così come le preferenze per certe incombenze che il padre o la madre possono avere. Questo genere di discussioni, che dovrebbero essere prese in considerazione appena una coppia decide di sposarsi, dovrebbero partire dal presupposto che entrambi i genitori hanno uguale diritto a perseguire la loro carriera, con magari una breve interruzione, sia che essi intendano esercitare tale diritto o no.